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Un originale pellegrinaggio per giovani  

(di Luca Buccheri)

Leggere la Bibbia sulla Terra del Santo. La testimonianza di un’esperienza particolare di “campo itinerante” in Israele, vissuto nel periodo di pasqua da un gruppo di giovani italiani e belgi, con la Bibbia in mano sulle tracce di Abramo, Mosè e Gesù. Sarei presuntuoso e irriconoscente se tentassi di spacciare questa nuova “formula” di pellegrinaggio in Terra Santa, che ho appena sperimentato con un gruppetto di giovani, come una mia invenzione: in realtà, l’esperienza che tenterò di raccontare in queste righe non è nemmeno tanto nuova, visto che i primi esperimenti di lettura itinerante della Bibbia con simili modalità risalgono ai primi anni 60, al fondatore del metodo “La Bible sur le terrain”, il domenicano Jacques Fontaine. Il progetto “la Bibbia sul terreno” (BST) si propone di far conoscere la Bibbia – nella consapevolezza della grande ignoranza che c’è sulla storia e la geografia biblica – attraverso la lettura diretta della Scrittura o il racconto dei testi, che avviene, appunto, “sul terreno”, nei 15 giorni della sua durata. Viene cioè privilegiato il contatto con la terra e i luoghi naturali in cui la storia della rivelazione di Dio si è manifestata, di modo che ogni libro è raccontato in un ambiente simile a quello descritto dagli autori sacri. Personalmente il metodo l’ho esperimentato e appreso dal gesuita di Villapizzone (MI) Cesare Geroldi, a sua volta discepolo del suo confratello biblista F. Rossi de Gasperis, ai quali va tutta la mia stima e riconoscenza (anche per l’incoraggiamento nei momenti difficili della preparazione).

Le modalità Tenda, sacco a pelo, pentole e fornelli, insieme a delle robuste e comode scarpe da trekking sono tra gli ingredienti di base di questa ricetta; senza dimenticare, ovviamente, la Bibbia, che fa da lievito per tutta la pasta. Lo stile è volutamente quello della semplicità, dell’essenzialità, dell’itineranza, della condivisione in piccoli gruppi, con una cassa comune e una vita da “campo” scandita dalle letture bibliche, dai momenti di silenzio, dalle escursioni e dalle visite ai luoghi biblici più significativi. L’itinerario con il piccolo gruppo di giovani – 10 o 15 al massimo – è sostanzialmente un percorso biblico-esistenziale dall’AT al NT: si parte dal sud di Israele (deserto del Neghev, Mar Rosso), seguendo idealmente le tracce del popolo di Dio e di alcune sue figure, quali Abramo, Mosè ecc., per giungere al nord (Galilea, Lago di Tiberiade, Golan), dove Gesù vive la maggior parte della sua vita nascosta e pubblica, e dove si manifesta ai suoi discepoli dopo la risurrezione, passando per Gerusalemme, la città dove Gesù muore e risorge, e luogo teologico che condensa le attese di un popolo e il compimento delle Scritture nella figura messianica del re davidico, servo e profeta. La durata ideale del viaggio è di 15 giorni, da suddividere tra sud, centro e nord, ma sono possibili (e inevitabili) adattamenti e correzioni “in corsa” dell’itinerario e dei tempi anche con un occhio alla questione della sicurezza e alla situazione che si incontra cammin facendo.

Viene chiesto ai giovani partecipanti (almeno maggiorenni) un clima di affidamento e di fiducia verso la guida perché siano disponibili e flessibili ad eventuali modifiche dei programmi, piuttosto frequenti in esperienze di questo tipo. Il mezzo per gli spostamenti è un pulmino noleggiato, abbastanza grande da contenere tutto il materiale da campo e i bagagli personali.

La spiritualità È un esperienza di lettura della Bibbia sulla terra, su quella terra che è stata la culla storica e geografica della rivelazione di Dio. In un certo senso è come se la parola di Dio risuonasse non solo dal testo biblico, che viene letto e meditato, ma anche dai luoghi stessi che l’hanno generato. La parola di Dio, insomma – per usare un’immagine musicale –, sembra risuonare in stereo, non solo in mono (come quando la si legge avulsa dal suo contesto storico-geografico). E questa differenza la si avverte.

Ci si pone poi, specie nella prima parte dell’itinerario (sud), al livello esistenziale del popolo che ha peregrinato nel deserto piantando le tende e cercando i segni della presenza e della consolazione di Dio (l’acqua, le oasi, la manna), vivendo la precarietà della vita nomadica, l’asprezza del deserto, la gioia e la meraviglia di fronte alla bellezza della creazione, la fedeltà di Dio che accompagna il cammino dei suoi figli. Il tentativo è quello di rendere la lettura itinerante della Bibbia un percorso vivo ed affascinante di ricerca esistenziale e di (ri)scoperta di Dio, delle sue tracce, lasciate come “firma” discreta e silenziosa nelle opere della creazione (contemplata dall’alba sul Machtesh Ramon al tramonto sul Mar Rosso, dal cielo stellato del Neghev agli stambecchi di Engheddi o alle aquile di Ain Avdat), o ripercorse nelle pieghe della coscienza di uomini come Abramo e Mosè, che hanno sentito la voce interiore divina interpellarli. Nelle giornate di deserto in tenda, che vedono pure notti all’addiaccio e lunghe camminate sotto il sole, sono particolarmente utili letture prese dal Pentateuco, senza la pretesa di sostare nei luoghi precisi identificati dalla Scrittura.

È particolarmente suggestivo soffermarsi sul miracolo della creazione, la terra creata e voluta da Dio come un giardino (cf. Gen 2), che poi il peccato ha desertificato (episodio di Sodoma); sulla responsabilità dell’uomo, chiamato da Dio a continuare l’opera della creazione trasformando il deserto in un giardino irrigato. Un secondo momento, spostandosi più a nord, è quello delle grandi domande della vita: perché la sofferenza del giusto? Perché il male dell’innocente? Ma Dio c’è si o no? Lo sguardo qui può essere rivolto a Giosia, il re giusto trafitto nella pianura di Meghiddo (cf. 2Re 22-23), che anticipa e prefigura l’altro trafitto che Giovanni vede sotto la croce. Continuando verso il nord, una possibile risposta a queste domande è rivelata da Dio ai piccoli: a Maria di Nazareth, icona di quanti hanno creduto e, prima di lei, al giudice Gedeone che alla sorgente di Harod si sente affidare la missione di Dio (similmente a Mosè) con la promessa «il Signore è con te» (Gdc 6,12).

A questa parola Maria (e Mosè prima di lei) risponde il suo «Eccomi!». La dolcezza della Galilea, con Nazareth, Sefforis e le sue ridenti e verdeggianti colline, sono i luoghi in cui Gesù viene allevato, formato al lavoro, al silenzio, allo studio della Torah, alla preghiera, all’obbedienza ai suoi e al Padre, all’apertura universale. Le sorgenti del Giordano e lo scorrere del grande fiume sono come l’icona di quel “fratello maggiore” che “scende” dall’Hermon (cf. Sal 133) per dare vita al deserto, per consegnarsi alla morte scendendo nel punto più basso della terra (Mar Morto) e risorgere nel giardino di Gerusalemme, il monte Sion, dal cui fianco sgorga un fiume d’acqua viva (cf. Ez 47) che fa rinascere a vita nuova. Infine, l’ultima tappa può essere quella che da Cesarea Marittima, sede della prigionia di Paolo prima del suo ultimo viaggio verso Roma, guarda al “Mare di mezzo”, al Mediterraneo, come al ponte verso cui il Vangelo continua la sua “corsa” verso quelle “genti”, quei goim (“gentili”) che siamo noi, e di cui la Galilea (che letteralmente significa “curva delle genti”) è stata palestra di incontro e di convivenza.

Un pellegrinaggio “europeo” Con queste modalità si è svolta, senza alcun problema di ordine esterno, con costi molto bassi e accessibili ai giovani, la mia prima esperienza di BST, che ho organizzato insieme al mio collega della Gregoriana Bart Paepen, un prete diocesano di Anversa con il quale avevamo condiviso due anni or sono il soggiorno di studi a Gerusalemme e lo stupore per le meraviglie della terra di Gesù. Insieme ai nostri giovani (5 italiani e 7 belgi) abbiamo attraversato per dieci giorni il paese che Dio ha scelto per rivelarsi al mondo e per incarnarsi “in mezzo” a noi, percorrendo con spirito di libertà e gusto della sorpresa le ventose e affascinanti strade della heretz Israel, cercando di far risuonare dentro di noi la chiamata divina alla vita, alla felicità, alla sequela dell’unico Maestro nell’ascolto della sua Parola.

Abbiamo avuto il privilegio e la grazia (non credo casuale) di vivere il venerdì e il sabato santo al Mar Morto e di celebrare la pasqua di risurrezione salendo a Gerusalemme, nella bellissima veglia dei domenicani dell’École Biblique. Una valutazione complessiva È difficile fare una valutazione “a caldo” dell’esperienza vissuta, anche perché, si sa, in questo genere di “semina” i risultati non sono mai immediati né facilmente identificabili. Ma l’impressione è che si sia seminato molto. Che la parola di Dio abbia mosso qualcosa nei cuori e il vento dello Spirito abbia sussurrato la sua voce nelle coscienze, magari per ridestarle alla consapevolezza di una Presenza che discretamente accompagna le esistenze quotidiane e le orienta senza violentarle. La sensazione, non epidermica o semplicemente emotiva, è che questo genere di metodo “funzioni”, che riesca cioè a fare breccia nel cuore delle giovani generazioni e a far presa sulle loro volontà e interessi. In fondo è come un corso di esercizi spirituali itineranti (le meditazioni sulla Bibbia sono una o due al giorno), a cui si uniscono i motivi della vita di gruppo, della vita all’aperto, di un pizzico d’avventura, delle visite culturali, dell’incontro con altri popoli e tradizioni, in un misto che da un senso di vera gioia e libertà nello Spirito. Non ci nascondiamo le difficoltà. Innanzitutto il fatto di girare in un paese non pacificato, che vive praticamente dalla sua nascita (1948) le tensioni, i conflitti e le trasformazioni tuttora in atto in Medio Oriente.

Ma sotto l’aspetto della sicurezza, dal nostro punto di vista, va detto che l’itinerario scelto e il fatto di non entrare mai nei Territori palestinesi, sono una buona garanzia che tutto quello che i mass-media riversano della Terra Santa sui nostri video e giornali (con un’attenzione e un gusto sensazionalistico che a volte sfiora l’esagerazione) svanisca completamente nel momento in cui inizi a percorrere le strade, a visitare i siti, a incontrare le persone, a conoscere il paese. Sul piano organizzativo non tutto è semplice e scorre liscio, anche perché non esistono “agenzie di viaggi” che organizzano dei tour del genere.

Ma la spesa vale la resa: le ore “buttate” in internet per prenotare qui e la, per accordarsi con le persone, per mandare il materiale e organizzare i 3-4 incontri previ di preparazione al viaggio sono un costo e una fatica inevitabili, che vengono però ampiamente ricompensati. Spero di riuscire ad organizzare in tempi brevi altri “giri” nella Terra del Santo, nella convinzione che questo modello di apostolato biblico è praticabile e può, a mio avviso, diventare un nuovo ed efficace strumento di evangelizzazione verso i giovani, nonché – e non è poco – testimoniare la nostra vicinanza e solidarietà di credenti verso le diverse comunità e chiese cristiane incontrate. (articolo tratto da “Settimana” n. 17/2004)

 

Tra guerra e pace nella Terra del Santo
di Luca Buccheri

Siamo partiti. Siamo tornati. Siamo partiti con una situazione di aperto conflitto. Siamo tornati con una tregua permanente firmata da ambo le parti, israeliani e palestinesi. In mezzo, tanta gioia, tanta consapevolezza, e... perchè no, un pizzico di coraggio!

Di un gruppo prenotato di 35 persone, prima dello scoppio dell'Operazione militare israeliana “Confine protettivo”, dopo 40 giorni di conflitto e oltre 2000 morti, eravamo rimasti in 15 a voler partire. Abbiamo osato andare oltre – a volte contro – le tante pressioni familiari e mediatiche che ci sconsigliavano di partire. Ma alla fine, non sappiamo neanche noi come, una dopo l'altra sono arrivate le 15 adesioni minime per poter partire, decisioni maturate nella sofferenza, nella preghiera, nell'affidamento alla Vita e alle sue imperscrutabili vie. E un sottile filo Invisibile ha guidato i nostri passi, che mai hanno vacillato, mai hanno temuto, mai hanno rischiato davvero in quella terra, una terra che mai come in quei giorni è apparsa a noi ospitale e grata della nostra presenza.

Eravamo partiti certo per fare il nostro viaggio di scoperta dei luoghi della spiritualità ebraico-cristiana e della sua storia sacra, ma anche per testimoniare con la nostra presenza che non volevamo lasciare quella gente da sola, che la paura non aveva prevalso, che la forza di attrazione di quella terra era più forte dei timori o delle possibili insidie che essa nascondeva. Questo lo dico nel massimo rispetto per chi ha in modo sofferto e ponderato preso un'altra decisione, quella di non partire. Anzi, abbiamo sentito in qualche modo anche la loro presenza, il loro sostegno a distanza e questa vicinanza è stata in alcuni momenti palpabile.

Così, il 19 agosto, il gruppetto dei quindici si è trovato a Fiumicino per raggiungere e percorrere per 10 giorni la “Terra del Santo”, una terra drammaticamente contesa, poco “santa” e molto insanguinata!

Non credo si possa descrivere lo “spirito” che ha animato questo gruppo fin da subito, il trascorrere sereno e intensissimo dei giorni, la ricchezza e diversità delle personalità di ciascuno che man mano uscivano fuori, il modo sempre fiducioso, unito e consapevole di muoverci, persino allegro, leggero e gioioso, ma mai distratto o disattento, ingenuo o superficiale, pensieroso o preoccupato.

Abbiamo potuto fare quasi tutto il nostro “giro”, partendo dalla Galilea, al nord, fino al deserto del Neghev, nel sud, passando da Gerusalemme e Betlemme. Abbiamo solo evitato il Mar Rosso, sconsigliato dalla Farnesina in quanto territorio di confine. Per il resto, senza mai sottovalutare le avvertenze che la Protezione civile locale comunicava tramite la nostra corrispondente a Gerusalemme, abbiamo visitato e meditato tutti i luoghi più significativi della cristianità e del popolo ebraico, per ripercorrere anche in un itinerario geografico le varie tappe della storia della salvezza, dalla risurrezione alla creazione.

E' stato bello e commovente sentire la gente palestinese ringraziarci della nostra presenza, che per loro è stata come “manna” dal cielo; è stato emozionante essere nel Neghev quando è stata firmata la tregua permanente e festeggiare con canti e balli anche in strada la fine delle ostilità. Anche gli israeliani dei kibbutz del Neghev ci hanno ringraziato di essere venuti. Non sapete come amano la nostra terra, e come desiderano vivere una situazione di pace come c'è da noi. E mentre noi meditavamo la Bibbia, i bimbi degli sfollati dai kibbutz intorno a Gaza scorazzavano sereni e chiassosi accanto a noi, inseguendo gli stambecchi del deserto. Che bene prezioso e per nulla scontato la pace! Non è un caso, io credo, se Gesù risorto ha voluto farne il primo dono e la prima parola consegnata ai discepoli in quel giorno di Pasqua: “Shalom”. 
L'esperienza di questo viaggio mi sta lasciando un segno particolare e profondo, mi sta donando la dolcezza della pace del cuore. Mi convince che la fiducia può vincere sulla paura e che, quando questo avviene, l'Impossibile diventa possibile e il Sogno realtà. E mi insegna che nella vita bisogna “rischiare il coraggio” – come ci ha fatto riflettere il recente convegno svoltosi a Romena in luglio – e che solo così possono cambiare delle cose nella nostra vita, solo così possiamo “osare passi nuovi” e crescere.

Ed è stata bellissima e delicata la presenza di Mara nel nostro gruppo; lei che doveva essere quella svantaggiata e “frenare” il gruppo la trovavamo sempre avanti, in prima fila, davanti a tutti. Ha camminato più delle sue possibilità – ci ha rivelato l'ultima sera prendendo il thè alla tenda del beduino – e non ha mai avuto i suoi soliti dolori che la limitano molto nei movimenti. “Mi sono fidata e affidata fin dal principio” - ci ha detto – e con la sua presenza gioiosa e il suo volto sempre più radioso, ci ha mostrato uno dei tanti “miracoli” non di quella terra, non di qualche guru o maestro particolare, e neanche forse di quella Parola umano-divina che abbiamo percorso e meditato a lungo, ma il miracolo della fiducia che rialza dal lettuccio i paralitici e rende possibile l'Impossibile.

Grazie a tutti voi, compagni di viaggio vecchi e nuovi, che rinnovate in me ogni volta il miracolo della Vita. (Settembre 2014)